venerdì 3 febbraio 2012

Libertà


La luce di una candela creava trame confuse oltre il velo del baldacchino, l'odore di sego si diffondeva nell'ambiente, creando intorno un'atmosfera di stagnante attesa. Si chiedeva che vi fosse oltre quel velo, un uomo  che colto nel sonno avrebbe potuto sottomettere o una figura morbida di donna che avrebbe acceso i suoi sensi, resi acuti dalla privazione.
Sentì il latrato dei cani in lontananza e il sudore della paura imperlargli la fronte. Avvertiva ancora l'ansare della loro corsa unirsi al battito impazzito del suo cuore, mentre fuggiva via coperto solo dal colore delle tenebre.
La casa era signorile pur non essendo un palazzo. Si era introdotto senza rumore come solo i farabutti sapevano fare. Sembrava tutto dormiente intorno, tranne per quella luce che l'aveva attratto senza raziocinio.
Vide un braccio stagliarsi esile, delicato, un ragazzo o una donna. Doveva andarsene al più presto, prima che un urlo squarciasse la notte e la sua vita. Era appena scappato alla forca e non voleva tornarci. Parole indistinte giunsero a lui, voci di donne appena sussurrate e un'ombra tornò a stagliarsi, mettendo a nudo un seno. Sentì il languore del bisogno diffondersi nel ventre, un appetito crescere liquido nella sua bocca e si leccò le labbra riarse con un'oculatezza ridicola, come se il gesto amplificato dal suo desiderio potesse diventare il ruggito di una belva.
Erano due le ombre riflesse una sull'altra quasi simmetriche. Scosse la testa per cancellare il sogno. Una mano fendette l'aria con delicatezza posandosi sulla forma tondeggiante di un frutto a lui proibito. Sentì un gemito e  vide i capelli dell'altra sfiorarsi le natiche mentre curvava la testa indietro.
Lo sentiva duro e impazzito premergli nei calzoni mentre con difficoltà il suo respiro usciva spezzato dalle narici. Ogni parte di sé desiderava squarciare il velo che lo separava dalle due ninfe sensuali, ma la sopravvivenza gli inchiodava i piedi al pavimento.
Una donna prese il seno dell'altra con le labbra, titillandolo, e a lui sembrò di sentirne il sapore. Il pollice premette sull'erezione pur sapendo che nulla gli avrebbe dato conforto se non affondare dentro la dolcezza di una donna. Si distrasse guardandole con attenzione, erano diverse, una più magra, l'altra burrosa nelle forme. La magra si distese e allargò le cosce ridacchiando e soffocò un urlo quando l'altra prese a leccarla. Lo liberò dalla costrizione del tessuto che si teneva su con la disperazione del decoro e lo sentì immensamente duro sotto le mani. Prese a menarselo con più forza man mano che crescevano i gemiti della ragazza. Un'idea lo immobilizzò, un'idea che conosceva l'ingiustizia. Erano mesi che dava sfogo ai suoi bisogni di uomo con la solitudine delle sue mani, mortificando il piacere per non condividerlo con i compagni di cella, dovendo combattere per non diventare il trastullo di uno di loro o di tanti se avesse mostrato un segno di cedimento. Non era possibile che nell'unico momento di libertà che si era concesso dovesse godere come un ladro, nonostante questo fosse il suo destino.
Fece qualche passo avanti, dimenticando l'aspetto lurido di galeotto, il cazzo orgoglioso e retto come un'arma o un dono di ospitalità. Oltrepassò il lino e rimase a guardarla mentre boccheggiava nell'estasi. La ragazza aprì gli occhi ma non sembrò sorpresa, anzi gli sorrise maliziosa. Toccò i fianchi morbidi dell'altra, si chinò ad annusare la sua essenza di donna, l'assaggiò come un affamato e fu attratto da una forza che lo spingeva dentro di lei affondando con forza. Non poteva vederla in faccia, vedeva solo i capelli ondeggiare. Comprese che qualcosa era cambiato. La ragazza magra si era coricata e adesso la lambiva tanto che poteva sentire la punta umida e calda della lingua sfioragli i testicoli, che erano tesi allo spasimo.
Uscì quando si sentì esplodere inondando entrambe di seme.
Sembrava che neanche si fossero accorte di lui. Si allacciò i calzoni, prese un frutto dal cesto che troneggiava nel comodino e con un cenno di capo ringraziò, sparendo nelle tenebre come era arrivato.